Arrigo Arrighetti Architetto

30.1.2024 - 25.3.2024

CURATORE/I: ADRIANA GRANATO, MARCO BIRAGHI

”Caro Arrighetti, ogni volta che passo per l'autostrada dei fiori mi felicito mentalmente con te per il tuo quartiere curvilineo (come si chiama?). Quando ti pare ne pubblicherei delle emozionanti foto a colori, a piena pagina, su Domus. Tu sei una persona provvidenziale nella città, nel comune, nella architettura, procedi forte con la forza della tua gioventù.
Con affetto, tuo Gio Ponti” [Lettera di Gio Ponti ad Arrigo Arrighetti - 29.5.1965]

La figura di Arrigo Arrighetti (1922-1989) reclama un posto di primo piano nella storia dell’architettura della Milano del dopoguerra. Quando inizia a lavorare per il Comune di Milano, neppure diciottenne, nessuno ne potrebbe presagire il futuro; né lui stesso probabilmente poteva immaginare – allorché si laurea al Politecnico di Milano nel 1947 con un progetto di ricostruzione di Palazzo Sormani che ne prevede la trasformazione in biblioteca civica – che lo avrebbe realizzato, a partire dal 1948, in qualità di architetto incaricato dal Comune. In seguito, dapprima all’interno dell’Ufficio Progetti e Lavori, poi dell’Ufficio Studi e Progetti, da lui stesso diretto, e infine come direttore dell’Ufficio Urbanistico Comunale e come consulente della Società MM, Arrighetti realizzerà qualcosa come 150 edifici, tutti accomunati da un’altissima qualità progettuale, aggiornati al panorama architettonico internazionale, e al tempo stesso capaci di fare i conti con un’estrema economia di mezzi.

La mostra – curata da Adriana Granato e Marco Biraghi presenta una selezione di progetti, tra i quali l’Asilo Santa Croce, l’Istituto Cesare Correnti, la piscina Solari, la stazione della metropolitana di Amendola, il Quartiere Sant’Ambrogio, la Chiesa di San Giovanni Bono, presentati attraverso disegni originali conservati presso la Biblioteca Trivulziana del Castello Sforzesco di Milano, e la Cittadella degli Archivi del Comune di Milano. 

La figura di Arrigo Arrighetti è stata per lungo tempo ignorata dalla critica architettonica anche nella sua città d’origine, Milano, dove pure esistono tuttora moltissimi suoi edifici. Silenziosi e laconici, ma al tempo stesso ingegnosi come il loro ideatore, questi edifici hanno fatto da sfondo alla storia recente di Milano, divenendone in alcuni casi dei simboli ben noti, per quanto spesso gli stessi milanesi ne ignorino l’autore. Pur intrecciando strette relazioni e avendo molto in comune con gli altri protagonisti dell’ “epoca d’oro” dell’architettura milanese (tra loro si possono ricordare Gio Ponti, Franco Albini, Ignazio Gardella, Vico Magistretti, Luigi Caccia-Dominioni), Arrighetti non ne ha infatti raggiunto la medesima notorietà. Ciò può essere fatto risalire alla circostanza che Arrighetti, per un consistente periodo della sua vita, ha occupato la posizione di architetto responsabile dell’Ufficio Progetti Edilizi del Comune di Milano e, per questa ragione, è dovuto sottostare a una serie di limitazioni – dal punto di vista della destinazione d’uso dei propri progetti e dei materiali con i quali questi sono realizzati – ai vincoli imposti da tale ruolo. Ma non soltanto proprio tale ruolo ha consentito ad Arrighetti di realizzare un’enorme quantità di progetti, tra edifici residenziali popolari, biblioteche pubbliche, mercati, edifici scolastici di ogni ordine e grado, chiese, impianti sportivi, ecc., ma gli ha dato anche l’opportunità di mettere in opera soluzioni costruttive e tecnologiche perfettamente aggiornate agli esempi più avanzati dell’architettura internazionale.   

L’idea di una mostra su Arrigo Arrighetti da tenersi nella Galleria del Progetto della Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle costruzioni del Politecnico di Milano (istituzione presso la quale Arrighetti si è laureato ed ha anche insegnato) nasce proprio dalla considerazione dell’indispensabilità di dare al lavoro di questo architetto una giusta collocazione storico-critica. In questo modo si intende offrire una panoramica allargata e al tempo stesso approfondita del suo lavoro, affrancandolo dalla duplice lettura che ne è stata data negli ultimi anni: di “semplice” architetto dell’Ufficio Tecnico del Comune di Milano, da un lato, e di autore di alcuni edifici soltanto (nella gran parte dei casi la Chiesa di San Giovanni Bono), nell’ambito di recuperi superficiali, puramente “alla moda”, e dunque privi di qualsiasi rigore scientifico, dall’altro. 

Biografia. Arrigo Arrighetti nasce nel 1922 a Milano, da madre milanese e padre toscano. La madre, che lavora presso il Comune di Milano, lo aiuta ad inserirsi negli uffici comunali prima ancora di compiere 18 anni, quando è impegnato negli studi da geometra presso l’istituto Cattaneo di Milano. Il diploma di geometra, che ottiene nel 1941, non è però sufficiente per consentirgli di seguire la sua passione e iscriversi alla facoltà di architettura del Politecnico, perciò successivamente frequenta l’Accademia di Brera, completando gli studi nel 1942.
Grazie al titolo ottenuto in Accademia, Arrighetti riesce ad accedere alla carriera universitaria di architettura, e inizia a studiare presso la facoltà del Politecnico di Milano nell’anno accademico 42/43. Nel 1947 si laurea con una votazione di 95/100 con una tesi di laurea sulla ricostruzione di Palazzo Sormani, biblioteca pubblica bombardata durante le Seconda Guerra Mondiale: sarà proprio questo progetto il primo che realizza in qualità di architetto incaricato del Comune di Milano, nomina che giunge nel 1948 all’indomani della sua laurea. L’edificio, che inaugura alcuni dei tratti che diverranno ricorrenti nella produzione di Arrighetti architetto - come l’uso della griglia quadrata di cemento armato o l’illuminazione zenitale di ampi ambienti pubblici - viene realizzato nel 1949 e rimane ancora oggi uno degli esempi più eleganti di affiancamento di antico e moderno in un contesto storico. Durante i suoi studi al Politecnico, e successivamente nel corso della sua intera carriera, Arrighetti dimostra una notevole abilità, nonché una forte passione, per le materie strutturali: diventa assistente volontario alla Cattedra di Tecnologia dei materiali e Tecnica delle Costruzioni, tenuta dall’ingegnere e architetto Mario Cavallè, dall’a.a. 1947/48 al 1965/66. Questa affinità è riconoscibile nei tratti della sua architettura, che dimostra una minuziosa ricerca di soluzioni strutturali originali e complesse che rivelano lo studio e l’ispirazione tratti da esempi internazionali. 

Nei suoi primi anni di attività Arrighetti progetta complessi di case popolari dalla grande varietà tipologica, con una forte attenzione ai dettagli funzionali e compositivi degli elementi architettonici. Molte sono anche le realizzazioni di edifici pubblici come – tra gli altri – il mercato comunale di Vialba (1952), l'Istituto Vaccinogeno Antitubercolare (1952), la Stazione per tram interurbani (1952). In questo periodo inizia anche a progettare le sue prime scuole, campo al quale, da questo momento in avanti e per diversi anni, dedicherà molte delle proprie energie.

Nel 1954 Arrighetti viene trasferito all'Ufficio Progetti e Lavori, dal quale si distacca nel 1955 l'Ufficio Studi e Progetti, da lui stesso organizzato e diretto con la collaborazione dell'architetto Francesco Missaglia, suo compagno di corso all’università e collaboratore fidato. L’Ufficio, nato per studiare i criteri fondativi di progettazione nel vasto campo dell'edilizia comunale, sarà diretto da Arrighetti fino al 1961: appassionato e intelligente, l’architetto porta l’ufficio a diventare una realtà vivace e all'avanguardia, costruendo più di 150 edifici e divenendo esempio per molte città italiane. Negli stessi anni, dal 1956 al 1959, diventa consulente della Società MM per la progettazione e l'arredamento delle stazioni e, anche se molti dei suoi progetti rimangono sulla carta, realizza una delle stazioni della metro rossa di Milano, Amendola Fiera, sviluppando un progetto cristallino sorprendente, con una copertura di resina poliestere rinforzata con fibre di vetro, precursore nell’uso della modularità strutturale di unità geometricamente complesse. Degli stessi anni sono alcuni dei suoi progetti più interessanti, come la Colonia a Pietra Ligure (1958-59) o la piscina a Parco Solari (1960). Nel 1961 viene nominato direttore dell’Ufficio Urbanistico Comunale, incarico che accetta benché lo costringa a tralasciare la scala del progetto architettonico, a lui più affine. Ciò nonostante, riesce nell’intento di portare una profonda attenzione sulla costruzione e nella realizzazione dei manufatti architettonici anche occupandosi della più ampia scala urbana, come ad esempio nel Quartiere Sant’Ambrogio (1962-77). Tra le vette della sua produzione architettonica si possono annoverare edifici che sono frutto tanto di incarichi pubblici come la Chiesa di San Giovanni Bono (1962-64), quanto di incarichi privati, come l’abitazione in via Plinio (1962-70).
Arrighetti riveste la posizione di direttore dell’Ufficio Urbanistica fino al 1979, anno in cui termina collaborazione con il Comune di Milano; da allora si dedica all’attività come libero professionista, con committenze di varia natura e scala, fino alla sua morte avvenuta nel 1989, all’età di 67 anni.

© photo credits: Sosthen Hennekam

L’allestimento della mostra, a cura di studio ibsen, intende restituire – attraverso l’impiego “brutalista” di materiali quali mattoni forati e cinghie di carico – l’atmosfera del cantiere edile, e conseguentemente di una stagione in cui l’architettura era caratterizzata in senso fortemente materico e concreto.  

Le fotografie in mostra – tutte rigorosamente in bianco e nero – sono opera del fotografo olandese Sosthen Hennekam, che ha maturato una lunga esperienza sull’architettura milanese, in particolar modo del secondo dopoguerra. I modelli di alcuni degli edifici di Arrigo Arrighetti sono opera dello studio Labora del Politecnico di Milano. 

All'inaugurazione sono intervenuti: Isabella Fiorentini, direttrice della Biblioteca Trivulziana, Francesco Martelli, direttore della Cittadella degli Archivi, Andrea Campioli, preside della Scuola AUIC, Emilio Faroldi, prorettore del Politecnico di Milano, oltre ai curatori Adriana Granato e Marco Biraghi.

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