Curatore/i: Roberto Dulio, Massimo Ferrari, Claudia Tinazzi
Fotografo ciò che non esiste costruendo mondi immaginari
Paolo Ventura
Da vent’anni, in quasi tutti i miei lavori, ambiento le mie storie in un paesaggio urbano, che costruisco con legno e cartone e poi fotografo. Rispetto ai primi lavori in cui la cura maniacale dei dettagli rendeva la rappresentazione quasi perfettamente reale, con il tempo ho preferito semplificare ogni gesto. Appoggio su un tavolo i miei leggeri palazzi di cartone con le finestre disegnate, e questo mi basta.
In entrambi i casi è la rappresentazione di una città indefinita, una mia città ideale nei colori e nelle forme, pur sapendo che nel profondo è sempre stata Milano a ispirarmi. Quella che appare in questo libro è una “vera” città, una “vera” Milano. Lo è nella posizione dei palazzi e nelle loro forme.
Parto da una fotografia che faccio con il cellulare, la stampo e poi con un pennellino e pochi colori inizio a eliminare tutto ciò che intralcia il mio pensiero. È interessante come appaia velocemente un luogo diverso, quasi una scenografia teatrale sospesa tra l’alzata del sipario e l’inizio della rappresentazione.
Mi pare di camminare in una città a notte fonda, ma con una luce che la rischiara, una eclissi al contrario. Milano è per me una città disegnata nel cielo da centinaia di cavi e fili che si incrociano, corrono paralleli, si inseguono, girano. Oltre a creare una proiezione astratta della città, questi cavi tengono uniti i palazzi come marionette immobili.
Una grande forbice potrebbe tagliare uno di questi cavi e tutto crollerebbe.
Milano occupa tutti gli spazi in alto e all’orizzonte ogni spazio viene riempito. Non ci sono vuoti dove immaginare qualcosa d’altro.
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Colophon
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Locandina
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