Skip to main content Skip to page footer

Barozzi Veiga - Natural Order

4.3 - 30.4.2025

Curatore/i: Barozzi Veiga

(…) Non è stato qualcosa di premeditato o pianificato; lavorare all'estero è stata la naturale conseguenza dei concorsi che abbiamo avuto la fortuna di vincere e poi di eseguire. E questo ha plasmato non solo il nostro approccio ai progetti, ma anche il modo in cui intendiamo l'architettura che creiamo. In altre parole, costruire all'estero per noi è stato qualcosa di naturale che ha plasmato l'architettura che creiamo.

Per questo non facciamo distinzioni nello sviluppo dei progetti a seconda del luogo in cui si trovano. (…)

Alberto Veiga

Trasformare gli spazi, cambiare le vite, plasmare il futuro.

L’occasione di incontrare lo studio Barozzi Veiga di Barcellona è particolarmente importante, perché il loro lavoro affronta questioni di metodo secondo una visione di grande attualità. L’invito loro rivolto a partecipare in qualità di Visiting Professors ai “Laboratori di Architettura delle costruzioni complesse” del Corso di Laurea in “Architettura delle Costruzioni” è quindi dovuto proprio all’affinità del loro impegno intellettuale con i nostri intenti didattici e, più in generale, di ricerca architettonica.

Inoltre, la storia personale e professionale di Barozzi e Veiga può essere di ispirazione per gli studenti: il fatto di lavorare in una dimensione internazionale, la costanza nel partecipare a concorsi (e spesso vincerli), ma soprattutto la capacità di volgere in senso positivo la condizione di essere costantemente “fuori luogo”. Questa condizione, condivisa oggi da molti progettisti, offre un punto di vista originale, esterno ma attento, che contribuisce a dare una nuova e aggiornata versione del regionalismo critico, inteso come resistenza all’omogeneità insita nella società moderna.

 

Questo atteggiamento permette a Barozzi Veiga, per dirla con le stesse parole di Frampton, di attuare «una poetica consapevole del luogo» contro l’omologazione architettonica ma anche contro il localismo e il tradizionalismo ingenuo e, soprattutto, senza indulgere nella casualità della forma architettonica. Questa dialettica tra locale e globale esprime una delle condizioni più difficili della condizione contemporanea.

Il loro lavoro mostra un costante interesse per l’architettura come “arte tecnica” che si realizza attraverso l’interpretazione di ogni specifica situazione, in modo da conferire significato a ciascun progetto in senso artistico e tecnico. Barozzi Veiga elaborano il compito progettuale, i vincoli normativi, gli aspetti quantitativi, gli aspetti culturali di ogni singolo luogo e li restituiscono in modo spesso sorprendente e qualitativamente coerente in termini di forma, linguaggio architettonico, tipologia, logica costruttiva. Ogni loro progetto si compie attraverso un lavoro critico tra la specificità del luogo e l’autonomia della forma. A differenza di altri studi rinomati, non vi sono mai soluzioni ripetute o “riciclate” nel loro lavoro.

In questa condizione di “fuori luogo” emerge l’importanza del tema del progetto, che è il vero e più significativo apporto che un progettista di talento può dare: è ciò che il committente spesso non si aspetta, è l’interpretazione artistica degli aspetti funzionali, quantitativi, normativi ed economici e che esprime il legame con la società civile, risvegliando anche l’immaginazione dei fruitori dell’architettura.

 

(fonte: Stefano Guidarini in “FUORI LUOGO”: L’ARCHITETTURA DI BAROZZI VEIGA in BAROZZI VEIGA NATURAL ORDER A CURA DI RAFFAELLA NERI ed. Biblion)

CONTESTO ED ESPRESSIVITÀ

Le architetture dello studio Barozzi Veiga sono sempre eccezionali, nel senso che, per tema e per soluzione, si pongono come elementi di eccezione in un contesto dato. Per più ragioni: sono eccezioni nel senso che, per interesse e per scelta, lo studio affronta prevalentemente progetti che riguardano temi collettivi, musei, biblioteche, sale per spettacoli, sedi istituzionali e simili. Nelle città e nei luoghi ove questi sorgono, intendono farsi riconoscere quali edifici notevoli, divenire punti di riferimento, costruire luoghi significativi, essere visibili e rappresentare il loro valore civile. Sono, e vogliono essere, architetture monumentali, nel senso positivo del termine, che rispondono, attraverso la loro posizione, il loro volume, la loro forma, i rapporti che istituiscono con il luogo, naturale o costruito che sia, a una domanda di evidenza rispetto al loro significato e al valore che ad essi si deve attribuire. Una scelta etica e civile.

Ma i contesti sono sempre diversi, così come i temi affrontati. E il rapporto con il contesto è ciò che guida le scelte espressive e formali delle architetture di Barozzi Veiga. L’obiettivo, non facile ma irrinunciabile, è la ricerca di equilibrio fra la aspirazione ad inserirsi in un luogo esistente con l’intento di interpretarne i caratteri, di penetrarne e di accentuarne la unicità, di sottolinearne la identità, e il dichiarato intento, parallelo e apparentemente contrario, di trasformarlo decisamente attraverso nuove presenze sempre prorompenti, mai sottaciute o discrete, sia che si tratti di un nuovo edificio che di un ampliamento, con il fine di attribuire ai luoghi nuove qualità spaziali.

I modi espressivi sono diversi da progetto a progetto, assumono dai con­testi suggestioni e riferimenti, per certi versi si adeguano ad essi. Le nuove architetture vogliono distinguersi fortemente per presenza e volume, ma in qualche modo le loro forme ricercano una sorta di mimesi, di ammiccamen­to, evocano il profilo di una montagna, riproducono un tetto spiovente, riba­discono la severità dei grandi volumi industriali, oppure dialogano per con­trapposizione. Gli edifici sono sempre fortemente assertivi, ma allo stesso tempo assecondano i luoghi, ne accolgono qualche carattere, formale o astratto, carpito alla specificità dei luoghi, alla loro peculiarità.

L’enfasi espressiva delle architetture, il racconto di se stesse, di ciò che vogliono essere, è raggiunto attraverso la perentorietà dei volumi, evidenti, esibiti, imponenti anche quando non sono di grande misura. La loro forza è la loro immediata riconoscibilità, ottenuta attraverso la chiarezza di geometrie precise, elementari ma spesso irregolari, condotte talvolta, nella loro assolutezza, fino al limite dell’astrazione.

Forme e misure sono spinte quasi all’eccesso, estremizzate, esibite, rese teatrali in favore di efficacia e di rappresentatività.

Raffaella Neri