DESIDERI. COSE. MEMORIE.

4.6 - 2.7.2021

CURATORE/I: RAFFAELLO CECCHI

Con appropriata si definisce un’architettura propria di quel sito, che sembri lì da sempre, propria del luogo, che non produca un forte senso di diversità. La diversità è necessaria, fare delle architetture diverse significa non fare degli edifici in stile ma contemporanei. Un’architettura è appropriata quando, pur essendo diversa, e quindi contemporanea, racconta il sito e ne permette l’uso, essendo misurata su quello. L’architettura è sociale, non è arte fine a se stessa. [Raffaello Cecchi]

Curatore/i: Raffaello Cecchi con Carlotta Bertelli

La mostra che viene ospitata nella vostra facoltà è la prima dopo il lockdown imposto dall’epidemia COVID e porta con sé oltre alla speranza del futuro un’atmosfera umana e domestica come quella di uno studio di architettura formata da una coppia che oltre ad essere architetti si impegnavano come docenti di progettazione architettonica in questo Politecnico.
La mostra intende suggerire anche un ulteriore momento particolare cioè quello della fine di un modo di fare architettura rispetto ai grossi mutamenti  avvenuti nell’ultimo ventennio con la sempre più pervasiva azione della tecnologia elettronica tale da divenire, come scrive Vincenza Lima sul progetto contemporaneo, un nuovo paradigma che modifica il nostro spazio mentale e determina cambiamenti sulle qualità cognitive degli individui.
Fine quindi di un modo di operare legato alle suggestive interpretazioni e alla qualità del disegno accademico e della continuità trasformativa imposta al progetto nella sua realtà edificatoria.
Altri “disegni” quindi, dopo l’epoca dei “recinti” e quella delle “macchine” che avevano sostituito quelli della rappresentazione tradizionale, stanno nascendo realtà virtuale e scannerizzazione tridimensionale dei contesti fisici.
Sistemi biologici, le neuroscienze, le necessità di una realtà ecologica che richieda risparmio energetico, assieme ai grandi temi del monadismo e delle differenze economiche tra i diversi paesi; tutto ciò determina un diverso nuovo modo e impegno progettuale che modifica alla base le procedure dell’inizio di questo ventunesimo secolo.
Ritornando alla mostra questa è accompagnata da una scatola con libri titolata desideri, cose, memorie.

La mostra e la scatola “DIARIO” sono state pensate in omaggio e ricordo della professore Lima il suo impegno didattico e la suo attenta figura di insegnante hanno fatto maturare numerosi allievi con procedure di insegnamento, lezioni, comunicazioni e pratica progettuale sempre legate all’attualità dei temi e alla fisicità dei contesti in forme spesso inedite ma di grande qualità. Lei stessa giudicava imprescindibile un insegnamento privo di verifica sulla realtà quotidiana e sulla sperimentazione di nuove possibilità didattiche.
Negli ultimi tempi la sua attenzione si incentrava su tematiche inerenti al concetto di paesaggio con tutte le sue implicazioni. Era inoltre convinta che un continuo lavoro tra attività professionale (partecipazione a concorsi nazionali e internazionali e i progetti di architettura  urbana fatti in studio) con l’attività di  ricerca universitaria potevano servire in sinergia a identificare inedite potenzialità.

La mostra rappresenta anche questo, sinergia tra lavoro professionale e didattica.

L’allestimento utilizza i tavoli da disegno progettati da Alvaro Siza per accogliere disegni, maquettes, paralleligrafo dando l’idea di un grande atelier di architettura degli anni ‘70/’80 prima dell’informatizzazione, negli anni ’90 anche lo studio Cecchi&Lima utilizzava computer e programmi.
La mostra quindi si svolge dentro un atelier immaginario in cui accomodarsi al proprio desk  cioè quello che Cecchi e Lima hanno fatto con tanti amici-collaboratori ogni giorno.

Quale ambiente migliore per parlare e fare architettura?

Un particolare settore è stato ricavato all’ingresso per esporre temi e progetti didattici del corso di Laboratorio 2° e 3° tenuti dall’architetto Lima nel corso di quegli anni assieme all’iniziativa del settore di ricerca specializzato chiamato AIP (Architettura, Infrastrutture, Paesaggio) sui temi del paesaggio. Su quelli i 6 seminari estivi, da lei organizzati, che hanno visto la presenza di architetti europei considerati all’epoca nascenti stars (tra gli altri Zanghelis con OMA, UNStudio, Goncalo Byrne, Christophe Girot, Carme Fiol, Ignasi Perez Arnal, Alberto Campo Baeza, Guy Chatel, Kris Coremas, Andreu Arriola, etc. etc.)

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